At
12,1-11; Sal 33; 2Tm 4,6-8.17-18; Mt 16,13-19
La Chiesa celebra e onora
assieme nello stesso giorno i due santi apostoli Pietro e Paolo, che “Dio ha
voluto unire in gioiosa fraternità” (prefazio della messa). Due personaggi
molto diversi, ma ambedue spinti dallo stesso amore per Cristo e
La prima lettura racconta
che re Erode fece mettere in prigione Pietro per poi ucciderlo appena passata
Oltre al prefazio anche le
orazioni della messa delineano il significato ecclesiologico dei due apostoli.
Il prefazio afferma che i santi Pietro e Paolo “in modi diversi hanno radunato
l’unica famiglia di Cristo”. E l’orazione dopo la comunione contempla questa
unica Chiesa alla luce delle note che hanno caratterizzato l’ideale della
primitiva Chiesa gerosolimitana: perseveranza nella frazione del pane, nella
dottrina degli apostoli, per formare nel vincolo della carità un cuor solo e
un’anima sola. Il testo fa riferimento a At 2,42 (e paralleli), che descrive la
vita della comunità primitiva come comunione fraterna o koinonia, termine greco che definisce la comunione di fede con Dio
o con Cristo e l’unione profonda tra i credenti che si esprime e si attua nella
fede comune, nell’esperienza eucaristica e nella condivisione spontanea dei
beni. Questa comunione dei beni esprime tuttavia una realtà più profonda: la
comunione dei cuori e delle anime. L’immagine della comunità delle origini sarà
in seguito per la Chiesa di tutti i tempi l’ideale a cui tendere.
La festa degli apostoli Pietro
e Paolo ci ricorda che la Chiesa è un mistero di comunione. Possiamo quindi
affermare che la missione primaria della Chiesa è quella di essere segno di
comunione nel mondo. Il cristiano deve avere un cuore grande, sgombro di
pregiudizi, un cuore pulito e trasparente, pronto all’incontro e al servizio.