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martedì 19 aprile 2016

IL “PER TUTTI”, UNA CONSUETUDINE CHE HA FORZA DI LEGGE?


Ho partecipato al Convegno su “Diritto e norma nella liturgia”, organizzato dalla Facoltà di Diritto Canonico della Pontifica Università della Santa Croce (Roma 18-19 aprile 2016). Due giorni con un insieme di 10 interventi, alcuni di grande interesse.

Avrei molte cose da comunicare ai lettori del blog. Inizio con una questione che da tempo è parte del dibattito liturgico: le parole sul calice in cui la versione italiana (e altre versioni) dice: “…versato per voi e per tutti” (il testo latino dice “pro multis”). Il prof. Giuseppe Comotti, dell’Università di Verona, ha parlato della “Rilevanza della consuetudine in ambito cultuale”. Praticamente il giurista ha commentato i canoni 23-28 del CIC. L’intervento ha suscitato in me una domanda che ho rivolto al professore in questi termini: si può considerare una “consuetudine” con forza di legge l’uso della versione “per tutti”? Il professore non ha negato che tale uso possa essere considerato una consuetudine con forza di legge. Prima di tutto, non è contraria al diritto divino (can. 24); poi è stata osservata da una comunità capace di ricevere una legge (can. 25); e ciò è stato fatto legittimamente per più di trenta anni completi (can. 26); si potrebbe dire anche che è una consuetudini che in fondo è ottima interprete del senso del testo latino, dato che il “pro multis” non nega che Cristo abbia effuso il sangue per tutti (can. 27).

m. a.