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venerdì 27 gennaio 2017

DOMENICA IV DEL TEMPO ORDINARIO ( A ) – 29 Gennaio 2017


 

Sof  2,3; 3,12-13; Sal 145 (146); 1Cor 1,26-31; Mt 5,1-12a

 
Il Sal 145 è un inno di gioia e di lode in onore del Dio fedele e liberatore degli oppressi. Nella litania di lode si inserisce in forma di ritornello la beatitudine evangelica “Beati i poveri in spirito”. Con questo salmo la Chiesa ringrazia il Padre e Gesù Cristo, perché hanno portato ai poveri la buona novella ed hanno messo l’onnipotenza divina a favore degli umili. E’ questo il tema centrale della domenica.

 
Nella prima lettura il profeta Sofonia  ci ricorda che il resto fedele di Israele sarà un popolo umile e povero capace di cercare il Signore. Nella seconda lettura san Paolo, invitando i Corinzi a considerare la vocazione cristiana, dice loro, riferendosi alla croce di Cristo, che Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti. Infine, la lettura evangelica riporta il testo delle beatitudini che iniziano proclamando “beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”. Due concetti dobbiamo chiarire: che significato hanno le beatitudini nel vangelo e, in particolare, chi sono questi “poveri in spirito” proclamati beati.

 
Il brano del vangelo odierno inizia così: “vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo...” In questo modo solenne viene introdotto il cosiddetto discorso della montagna che rappresenta il cuore del vangelo di san Matteo e il modello di vita del cristiano. Come Mosè sul Sinai ricevette da Dio la legge fondamentale del suo popolo, così Gesù sale sulla montagna per proclamare la nuova legge che dà compimento alla legge antica. Le beatitudini sono il sunto di questa nuova legge, vera carta costituzionale del nuovo popolo di Dio. Esse hanno trovato in Cristo la  perfetta attuazione. Le beatitudine diventano allora l’identikit del discepolo di Gesù che cerca di seguire il suo Maestro. Più che le singole affermazioni del testo delle beatitudini interessa rilevare il movimento che orienta la vita secondo un itinerario che va da un presente di croce verso un futuro di gloria: “Beati... perché saranno consolati... avranno in eredità la terra... saranno saziati... troveranno misericordia... vedranno Dio... saranno chiamati figli di Dio”. Questo programma trova riscontro nella vita di Gesù, soprattutto nella sua passione, morte e risurrezione. In sintesi, possiamo affermare che le beatitudini ci collocano di fronte alla presenza di Dio affinché riusciamo a misurare la nostra vita non secondo i valori del mondo e le possibilità di successo ad essi collegate ma secondo i valori di Dio e i doni che da lui ci vengono gratuitamente elargiti  e che hanno trovato nell’esistenza di Gesù perfetta realizzazione.

 
La “povertà in spirito” è la prima beatitudine del vangelo, animatrice di ogni altra beatitudine. “Beati i poveri in spirito - dice Gesù - perché di essi è il regno dei cieli”. Che s’intende qui per poveri? I poveri non sono persone particolarmente virtuose, ma semplicemente persone particolarmente bisognose. La loro beatitudine significa quindi risposta al loro bisogno da parte di Dio che è ricco di misericordia. La condizione di povertà, poi, pone l’uomo davanti a Dio nella condizione del bisognoso. La povertà così intesa apre l’uomo alla fiducia semplice e docile nel Signore. A questo punto, è lecito dire che la povertà può diventare addirittura un ideale di vita, perché apre degli spazi per Dio, strappa dalle sicurezze mondane e orienta verso altri traguardi, altre gioie. In poche parole, la povertà in spirito significa una disposizione interiore di abbandono, di disponibilità a Dio, alla sua volontà, alla sua provvidenza.