Translate

domenica 12 novembre 2017

IL PRIMATO DELL’AZIONE DI DIO NELLA LITURGIA



In un suo recente studio, il Prof. Paolo Tomatis afferma giustamente che non si dà atto di tradizione senza un processo di traduzione e di inculturazione. Si apre quindi l’interrogativo circa le “regole del gioco” da rispettare perché la traduzione non costituisca un tradimento della Tradizione, ma la sua concreta possibilità. In seguito, Tomatis dice che riascoltando le diverse voci dei Congressi di Assisi del 1956 e del 1986, emergeranno le principali tensioni entro cui tali regole saranno chiamate a precisarsi e attuarsi. Il recente Congresso di Assisi, celebrato nel 2016, non ha potuto non tener conto degli avvenimenti che hanno fortemente segnato una nuova fase della recezione della riforma e dei processi che reclamano una nuova tappa del rinnovamento liturgico. La novità più rumorosa può essere identificata nel movimento di “riforma della riforma” che ha raccolto istanze e sensibilità differenti. Alla fine di una breve esposizione al riguardo del pensiero di Joseph Ratzinger, Tomatis conclude con queste parole:

“… l’insistenza sul primato dell’azione di Dio rispetto all’azione della comunità è tanto pertinente quanto problematica, nella misura in cui rischia di separare l’azione di Cristo dall’azione del soggetto ecclesiale, ipostatizzando una data forma rituale come depositaria della qualità spirituale e sacramentale del rito cristiano. La doverosa sottolineatura del primato dell’orientazione spirituale sull’adattamento comunitario non può ‘tradursi’ in un rifiuto del compito della traduzione: semmai lo avverte dei possibili equivoci, che minacciano la singolare natura dell’esperienza liturgica”


Paolo Tomatis, La traduzione e la forma, in Andrea Grillo – Paolo Tomatis (edd.), Dove va il movimento liturgico? Atti della XLIV Settimana di Studio dell’Associazione di Professori di Liturgia, CLV – Edizioni Liturgiche, Roma 2017, pp. 103-136 (qui p. 117).