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domenica 10 novembre 2019

Salmo 15 (14) Il giusto vive alla presenza del Signore





[1] Salmo. Di Davide

Signore, chi abiterà nella tua tenda?
Chi dimorerà nella tua santa montagna?

[2] Colui che cammina senza colpa,
pratica la giustizia
e dice la verità che ha nel cuore, 

[3] non sparge calunnie con la sua lingua,
non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulti al suo vicino.

[4] Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore.
Anche se ha giurato a proprio danno,
mantiene la parola;

[5] non presta il suo denaro a usura
e non accetta doni contro l'innocente.
Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre.


La Liturgia delle Ore propone il Sal 15 nei Vespri del lunedì della prima settimana del salterio col titolo seguente: “Chi è degno di stare davanti al Signore?”. Questo salmo è una breve composizione a carattere catechetico che si svolge in forma di dialogo. Il testo si apre con una domanda indirizzata a Dio su chi è degno di entrare nel santuario. In epoca veterotestamentaria, Dio poteva essere incontrato solo in determinati luoghi sacri a ciò designati, e tali luoghi avevano una accessibilità limitata.

Dopo la domanda, segue la risposta nella quale sono enumerate, come in un decalogo, dieci condizioni etiche per poter varcare la soglia del tempio e celebrarvi il culto divino: nella prima di esse (v. 2) è compendiata l’osservanza di tutta la legge divina come pratica della perfezione e della giustizia; nelle altre sono contemplati i doveri verso il prossimo (vv. 2-5b). Nella breve conclusione, a chi osserva questi insegnamenti è promessa una felicità perenne (v. 5cd). 

I rabbini d’Israele consideravano questo salmo come un compendio dell’intera legge data da Dio al popolo mentre saliva dal deserto verso la terra promessa. In seguito, ogni israelita che si recava in pellegrinaggio al tempio di Gerusalemme troverà in questo salmo il suo itinerario spirituale.

Analisi del testo. Il v.1 parla di abitare nella “tua tenda” e di dimorare nella “santa montagna”. Il tempio era situato sul monte santo di Sion, la collina sudorientale di Gerusalemme, prefigurato dalla “tenda dell’incontro” tra Dio e il suo popolo (cf. Es 27,21 e passim). L’arca dell’alleanza, fatta costruire da Mosè su ordine del Signore, era la tenda di Dio che accompagnò gli Israeliti, attraverso i loro molteplici spostamenti e le loro vicissitudini storiche, fino all’epoca salomonica; in essa il Signore agiva e manifestava la sua volontà. La montagna santa di Dio è il monte Sion, la roccaforte di Gerusalemme, ultimo termine della conquista della terra promessa. I verbi “dimorare” (gur) e “abitare” (šākan) indicano una residenza temporanea, Dopotutto nessuno abitava permanentemente nel santuario. 

Il v. 2 indica tre condizioni generali per poter varcare la soglia del tempio: camminare senza colpa, praticare la giustizia e dire la verità che si ha nel cuore. Da notare nel testo una profonda unità tra il cuore, la lingua e le azioni, cioè il pensare, il dire e il fare. Continuando la lettura del salmo, notiamo l’insistenza sull’uso della lingua come modalità che determina in bene o in male le relazioni umane. Ben quattro condizioni delle otto più particolari riguardano proprio il tema della parola, della comunicazione: la sincerità, la calunnia, l’insulto, il giuramento (vv. 3 e 4).

Il v, 5 si riferisce all’utilizzo che la persona retta fa del denaro. La persona irreprensibile è generosa verso il povero e presta denaro senza interesse. I saggi d’Israele insegnavano che “chi accresce il patrimonio con l’usura e l’interesse, lo accumula per chi ha pietà dei miseri” (Pr 28,8).

Dimensione cristiana del salmo. La risposta alla domanda iniziale del salmo è stata interpretata dalla tradizione cristiana come un insegnamento rivolto da Cristo ai suoi fedeli. Ma in Cristo la tradizione ha visto anche realizzato tale insegnamento. Gesù è la Verità fatta persona (cf. Gv 14,6), che ha vissuto in modo tale da poter indicare a tutti e a ciascuno di noi la via che conduce a Dio (cf. Mc 12,14 e par.). I precetti della legge antica sono di gran lunga superati dall’amore di carità che egli praticò e insegnò agli uomini (cf. Mt 5).

La domanda formulata nel nostro salmo è simile a quella rivolta da un tale a Gesù: “Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?”. Gesù gli risponde con l’elenco dei comandamenti (cf. Mt 19,16-20). Vi è nella risposta del salmo come in quella di Gesù, una particolare insistenza sui doveri verso il prossimo. Non può essere ospite di Dio chi non rispetta e ama il suo prossimo e non agisce con lealtà e sincerità nei suoi confronti. San Giovanni scrive: “Se uno dice: ‘Io amo Dio’ e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. È questo il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello” (1 Gv 4,20-21).

Come dice il Catechismo della Chiesa Cattolica, “Cristo è il vero tempio di Dio, il luogo in cui abita la sua gloria” (n. 1197). L’umanità di Cristo è il vero tempio di Dio; essa è perciò anche la tenda e il monte santo, nel quale Dio ha fissato personalmente la sua dimora in mezzo agli uomini. Con la venuta di Cristo non vi è più bisogno di un luogo santo nel quale Dio manifesti la sua presenza particolare. Gesù è la stessa presenza di Dio, il pieno compimento del santuario. Non è negata l’importanza delle nostre chiese, dei nostri luoghi di culto, ma sono da interpretare semplicemente come segni che rimandano alla vera realtà che è Cristo risorto.

Gesù afferma: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18,20). Cristo è quindi realmente presente nell’assemblea riunita nel suo nome. Il principale luogo di culto, di incontro con Dio non è perciò il tempio, ma la stessa assemblea dei credenti, la comunità che celebra, che possiamo chiamare il “secondo corpo umano del Signore” o anche, come afferma Ef  2,21, “tempio santo del Signore”.  

Nella Liturgia delle Ore, il nostro salmo ha come sottotitolo un testo preso da Eb 12,22: “Voi vi siete accostati al monte di Sion, alla città del Dio vivente”. Il testo della lettera agli Ebrei (12,18-24) si trova in un contesto che fa un paragone tra la situazione religiosa degli israeliti e quella dei cristiani. L’accostarsi a Dio non avviene più in una teofania terrificante come sul Sinai, ma in una città costruita da Dio, quella alla quale aspiravano i patriarchi, e che perciò è già celeste. Questo riferimento alla Gerusalemme celeste invita ad interpretare il Sal 15 nella sua dimensione escatologica. La domanda iniziale del salmo può interpretarsi in questo modo: “Chi abiterà nella Gerusalemme celeste?” In questo modo, il seguito del salmo diventa un programma di vita cristiana.

 

 

Bibliografia: Spirito Rinaudo, I salmi preghiera di Cristo e della Chiesa, Elle Di Ci, Torino-Leumann 1973; Vincenzo Scippa, Salmi, volume 1. Introduzione e commento, Messaggero, Padova 2002; Ludwig Monti, I salmi: preghiera e vita, Qiqajon, Comunità di Bose 2018; Temper Longman III, I salmi. Introduzione e commento, Edizioni GBU, Chieti 2018.