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sabato 25 gennaio 2020

DOMENICA III DEL TEMPO ORDINARIO ( A ) – 26 Gennaio 2020





Is 8,23b-9,3; Sal 26 (27); 1Cor 1,10-13.17; Mt 4,12-23

Il simbolismo della luce, che abbiamo già trovato nella domenica precedente nonché nella liturgia natalizia e ritroveremo in quella pasquale, esprime, nella Bibbia, la realtà della salvezza donata dal Signore per mezzo di Cristo. San Matteo, nel brano evangelico d’oggi, racconta gli inizi del ministero pubblico di Gesù che comincia dalla Galilea, dopo l’arresto di Giovanni. Gesù sceglie come punto di partenza della sua predicazione una regione religiosamente sottosviluppata, dove la religione d’Israele era a stretto contatto col paganesimo. Nel secolo VIII a. C. gli abitanti di Galilea erano stati deportati in esilio, “immersi nelle tenebre della schiavitù”. Ricordiamo che uno degli argomenti che verranno portati contro la messianicità di Gesù è appunto questo: “Il Cristo viene forse dalla Galilea?” (Gv 7,41). In questa scelta fatta da Gesù per iniziare l’annuncio del Regno di Dio e l’invito alla conversione, l’evangelista Matteo vede il compimento delle parole del profeta Isaia, che abbiamo ascoltato nella prima lettura: “...il popolo che cammina nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse”. La Galilea, terra di tenebra da dove la predicazione di Gesù inizia a irradiarsi come luce, è il simbolo del buio che avvolge la vita dell’uomo che non è stato illuminato dalla luce del Vangelo di Gesù.

La lieta novella che Gesù reca all’uomo è un messaggio di liberazione morale e fisica, perché rinnova l’uomo. Gesù predica il vangelo del Regno e guarisce ogni malattia e infermità mettendo l’uomo in grado di individuare e percorrere la strada che lo può realizzare, che è capace di dare senso alla propria vita, come i fratelli Simone e Andrea e Giacomo e Giovanni che, lasciata ogni cosa, seguono Gesù e trovano in lui il senso della loro esistenza. San Matteo sottolinea che i primi discepoli sono fratelli nel sangue per indicare l’effetto della conversione che conduce oltre, verso la fraternità in Cristo, la sola capace di non divenire mai esclusiva, ma comprensiva di ogni uomo. Convertirsi al Regno di Dio significa quindi scoprire anche i profondi rapporti che ci uniscono gli uni gli altri. Fare di Cristo il centro della vita vuol dire spezzare ogni barriera e ogni divisione. Perciò nella comunità di coloro che sono stati illuminati dal Vangelo di Gesù non hanno senso le discordie, le divisioni. E’ quanto ricorda san Paolo nella seconda lettura quando esorta i fratelli della comunità di Corinto ad essere “in perfetta unione di pensiero e di sentire”. Se Cristo non può essere diviso, nemmeno la comunità di Cristo, che è vero “corpo di Cristo”, può essere divisa. Le divisioni nella Chiesa sono lacerazioni di Cristo.

Riassumendo, possiamo affermare che negli inizi della sua predicazione Gesù annuncia la liberazione dall’oppressione in cui si trovano gli uomini che vivono nelle tenebre e nella schiavitù del peccato, perché essi, “illuminati” dalla luce che è Cristo, possano ritrovare il senso della loro esistenza nella comunione e solidarietà reciproca. Questo messaggio trova una sua realizzazione vera e paradigmatica nella partecipazione all’eucaristia, in cui per opera dello Spirito “diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito” (preghiera eucaristica III).




IMPORTANZA DELLA PAROLA DI DIO

Papa Francesco, col Motu proprio “Aperuit illis” (30 settembre 2019) ha stabilito che “la III Domenica del Tempo Ordinario sia dedicata alla celebrazione, riflessione e divulgazione della Parola di Dio”, Offro in seguito un brano di un santo del secolo XIX sull’importanza della Parola di Dio.



Dall’Autobiografia di sant’Antonio Maria Claret, nn. 449-453
Missionari Clarettiani, Roma 1991, p. 137


Qui sento una voce che mi dice: «L'uomo ha bisogno di qualcuno che gli faccia conoscere qual è il suo essere, che lo istruisca intorno ai suoi doveri, lo diriga verso le virtù, rinnovi il suo cuore, lo restituisca alla sua dignità e, in certo modo, nei suoi diritti». «E tutto questo avviene per mezzo della parola».  La parola è stata, è, e sarà sempre la regina del mondo.
         
La parola di Dio trasse dal nulla tutte le cose. La parola divina di Gesù Cristo restaurò tutte le cose. Gesù disse agli Apostoli: Euntes in mundum universum praedicate evangelium omni creaturae (Mc 16,15). San Paolo disse al suo discepolo Timoteo: Praedica Verbum. La società é in pericolo per aver tolto alla Chiesa la sua parola che é parola di vita, parola di Dio. I popoli vengono meno, soffrono la fame, da quando non ricevono più il pane quotidiano della parola di Dio; ogni volontà di salvezza sarà sterile, se non si restaura in tutta la sua pienezza la grande parola cattolica.

Il diritto di parlare e di insegnare ai popoli, che la Chiesa ha ricevuto da Dio stesso nella persona degli Apostoli, è stato usurpato da una turba di oscuri giornalisti e ignorantissimi ciarlatani.
         
Il ministero della parola è insieme il più nobile e il più invincibile di tutti, come quello che ha conquistato la terra; ma si è convertito, in tutte le parti, da ministero di salvezza in ministero abominevole di rovina. E come   nulla e nessuno poté arrestare i suoi trionfi al tempo degli Apostoli, nulla e nessuno potrà oggi contenere le sue stragi se non si cerca di far fronte con la predicazione dei sacerdoti e con abbondanza di buoni libri e altri scritti santi e salutari.

Oh Dio mio, vi do la mia parola che predicherò, scriverò, diffonderò libri buoni e volantini a piene mani, al fine di soffocare il male con l'abbondanza del bene!