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domenica 2 gennaio 2022

L’ADEGUAMENTO LITURGICO DELLE CHIESE

 


Duomo di Faenza

 

Tomaso Montanari, nel suo recente libro Chiese chiuse (Giulio Einaudi editore, Torino 2021, pp. 67-81), ammette che non è facile fornire un bilancio coerente, ma si può abbozzare una divisione in tipologie degli adeguamenti liturgici nefasti, secondo una classificazione pensata in base al danno arrecato alla chiesa. In una scala ascendente di gravità l'autore parla di 1) adeguamenti che introducono strutture o oggetti che alterano l’equilibrio storico e formale della chiesa e/o impediscono la visione e la corretta percezione dell'architettura e delle opere d'arte antiche; 2) adeguamenti che comportano lo spostamento delle strutture e le opere all'interno della chiesa stessa: 3) adeguamenti che comportano la rimozione di opere mobili; 4) adeguamenti che comportano la rimozione di strutture stabili; 5) adeguamenti che comportano l'alterazione della struttura architettonica e degli arredi fissi della chiesa. Per ogni tipologia di adeguamenti, Montanari offre esempi concreti.

 

L’adeguamento delle chiese alle esigenze della riforma liturgica promossa dal Vaticano II è un argomento delicato. L’autore cita al riguardo, e in gran parte condivide, una Nota pastorale della CEI del 1996, in cui si dice, tra l’altro: “a differenza di altri aspetti della riforma liturgica e della vita ecclesiale, l'adeguamento liturgico delle chiese non è fatto di interesse esclusivamente ecclesiale; è un evento di pubblica evidenza ed è oggetto di attenzione, di discussione, di valutazione anche al di fuori delle comunità cristiane. Infatti, alcuni recenti interventi di adeguamento hanno suscitato prese di posizioni, polemiche contrasti, sia per la loro evidenza e originalità, sia perché sono stati realizzati nel cuore di edifici che spesso costituiscono parte fondamentale del patrimonio monumentale del nostro paese e interessano per varie regioni i singoli e gruppi delle istituzioni”.

 

Il problema dell’adeguamento delle chiese alle esigenze del culto non è nuovo. Si è presentato più volte lungo la storia. Montanari fa riferimento, tra l'altro, alla storia della basilica di San Pietro in Vaticano. Il 18 Aprile del 1506 mentre Giulio II poneva la prima pietra della nuova basilica, i canonici della venerabile basilica costantiniana, che cominciava a subire i primi affronti, ribattezzavano Donato Bramante “mastro ruinante”, cogliendo appieno il nesso tra distruzione e costruzione quello che Horst Bredekamp ha definito “il principio della distruzione produttiva”.