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domenica 6 febbraio 2022

Salmo 23 (22) Il buon Pastore

 




 

1 Salmo. Di Davide.
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.

2 Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.

3
Rinfranca l’anima mia,
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
4 Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.
5 Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.

6 Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.

 

La Liturgia delle Ore adopera il Sal 23 (22), col titolo “Il buon Pastore”, nell’Ora media della Domenica della seconda settimana e nell’Ora media della Domenica della quarta settimana. Come sottotitolo si cita Ap 7,17: “L’Agnello sarà il loro pastore, e li guiderà alle fonti delle acque della vita”.

 

Il Sal 23 è stato probabilmente composto in epoca postesilica (forse nell’ambiente della spiritualità dei “poveri di JHWH”). Esso esprime, mediante il ricorso a due metafore, quella del pastore e quella dell’ospite, la relazione di fiducia che l’orante nutre nei confronti del suo Signore. Il titolo del salmo lo associa a Davide che da giovane era stato un pastore (1Sam 16,11) e fu poi chiamato a fare da pastore al popolo d’Israele quale loro re (2Sam 5,2).

 

Quanto alla struttura del salmo, sono chiare le due parti maggiori: il Signore pastore (vv. 1-4); il Signore ospite (vv. 5-6). Il salmo è semplice nella costruzione e nello sviluppo; la sua ricchezza ha le radici nel ricco repertorio di simboli elementari che racchiude. Alla vita pastorizia si richiamano i termini: pastore, pascoli, acque, bastone, vincastro, cammino, e i verbi come: far riposare, condurre, rinfrancare, guidare, camminare. All’immagine dell’ospitalità, si richiamano la mensa, il rito dell’unzione dell’olio per gli ospiti e il calice.

 

La metafora di apertura del salmo descrive Dio come pastore e il salmista come una delle sue pecore. Il tema del pastore è costante nella Bibbia. L’immagine del pastore riferita ai re e alle divinità era comune in tutto il Vicino Oriente antico. L’ospitalità era praticata dai nomadi, i quali hanno frequentemente bisogno gli uni degli altri. Nella terra promessa Israele è ospite di Dio (Lv 25,23), perciò esso pure deve dare ospitalità ai forestieri (Lv 19,34). Secondo il Sal 119,19, l’uomo sulla terra è solo un ospite.

 

Nei vv. 2-4 è tratteggiato l’elogio del Signore come pastore. Il salmista esplicita con esempi la sua professione di fede. Descrive i compiti del premuroso pastore. Si parla infatti di pascoli erbosi, acque tranquille, di riposo, di cammino sicuro sotto la sua guida vigile (vv. 2-3). Inoltre, tutto ciò è fatto per e con amore. Infatti, il Signore sceglie il “giusto cammino” (v. 3) cioè le piste più opportune e libere da pericoli per la transumanza del suo gregge. E questo lo fa “a motivo del suo nome”. L’espressione indica la gratuità della salvezza che ritorna a gloria di Dio.

 

Con le parole “Anche se vado per una valle oscura […] tu sei con me” (v. 4a), l’orante passa dalla terza persona singolare alla seconda, al “tu” confidenziale con cui interpella Dio ed esprime una fiducia piena nella sua protezione. L’espressione “il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza” (v. 4b) contiene due termini pressoché sinonimi. La voce “bastone”, che designa anche lo scettro regale (Sal 2,9) doveva indicare un’asta corta e nodosa come arma di difesa contro possibili bestie feroci. Il termine “vincastro” invece allude al bastone lungo e ricurvo di viaggio, segno di guida che consentiva anche di radunare il gregge in caso di dispersione.

 

I vv. 5-6, introducono una nuova metafora: Dio è l’ospite di un banchetto cui il salmista è un invitato d’onore. Si passa quindi dall’immagine della pastorizia a quella dell’ospitalità. Dio prepara una mensa per il suo ospite e unge di olio profumato il suo capo, gesto facente parte del rituale dell’ospitalità (cf. Am 6,6; Lc 7,46). L’espressione “sotto gli occhi dei miei nemici” (v. 5) esprime la propria fiducia in Dio non durante un momento di tranquillità, bensì mentre il salmista si trova messo sotto pressione da parte dei suoi nemici. “Il mio calice trabocca” (v. 5) indica la pienezza e l’abbondanza (Sal 36,9). Il pasto dell’ospitalità evoca il sacrificio di comunione nel Tempio che comprendeva un banchetto sacro con le carni della vittima immolata; simbolo di comunione e di intimità tra Dio e l’uomo.

 

Il salmo termina col v. 6 alludendo a un movimento processionale per entrare nel tempio, e abitare “per lunghi giorni” nei suoi atri. Il tempio era il luogo dove Dio faceva conoscere la sua presenza in mezzo al suo popolo. Il salmista proclama dunque che vivrà alla luce della presenza di Dio. La processione è accompagnata da “bontà e fedeltà”, personificazione degli attributi divini, legati al patto, che accompagnano il fedele nel santuario.

 

La figura di Dio come pastore e ospite si rispecchia e si attualizza nel Nuovo Testamento. In Gv 10,1-21, Gesù si presenta come l’unico vero pastore predetto dai profeti. Nei vv. 11 e 14, con una formula, ribadita due volte, si proclama “buon pastore”, “che “dà la propria vita per le pecore” (v. 11), e che conosce le sue pecore ed esse conoscono lui (cf. v. 14). Pietro, riferendosi ai cristiani, dice: “Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime” (1Pt 2,25). Nel discorso sulla fiducia nella provvidenza divina, Gesù conclude con queste parole: “Non temere, piccole gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno” (Lc 12,32).

 

Il Sal 23 è stato frequentemente commentato dai Padri della Chiesa, che l’anno interpretato in senso sacramentale, come profezia dei misteri di Cristo celebrati nella liturgia del battesimo, della cresima e dell’eucaristia, sacramenti dell’iniziazione cristiana. Il salmo era anticamente cantato nella notte di Pasqua, quando i neobattezzati, risalendo dalla vasca battesimale (“acque tranquille”, v. 2) si recavano verso il luogo della confermazione, dove si ungeva di profumo la loro testa, prima di partecipare per prima volta alla comunione eucaristica, la mensa preparata per loro (v. 5). Agostino afferma che i catecumeni che vogliono ricevere il battesimo devono imparare questo salmo a memoria (Discorsi 366,1). Gesù è l’ospite generoso che ci accoglie e ci mette in salvo dai nemici preparandoci la mensa del suo corpo e del suo sangue e quella definitiva del banchetto messianico in cielo: “Allora l’angelo mi disse: ‘Scrivi: Beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello!’” (Ap 19,9; cf. Lc 14,15ss; Ap 3,20).

 

Con gli stessi motivi di fiducia manifestati in questo salmo, la Chiesa accompagna i fedeli defunti nel passaggio alla vita eterna attraverso la valle oscura e insidiosa della morte, verso i pascoli del riposo e le acque tranquille della vita eterna, dove le parole profetiche del salmo hanno il loro altissimo compimento. Nell’Apocalisse si legge che gli eletti “non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna, perché l’Agnello che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita” (Ap 7,16-17), testo quest’ultimo citato dalla Liturgia delle Ore nel sottotitolo del salmo.

 

Il Signore è per ognuno di noi Pastore e Ospite divino; egli ci conosce per nome e ci accompagna nelle avversità della vita e nelle prove dello spirito e ci conduce ai pascoli della vita eterna. Il grande filoso francese Henri-Louis Bergson, la cui opera ebbe una forte influenza anche nel campo della teologia, affermava: “Le centinaia di libri che ho letto non mi hanno procurato tanta luce e tanto conforto quanto questi versi del Sal 23”. Il P. Claret cita questo salmo all’inizio degli Esercizi spirituali che il 16 luglio 1949 ha iniziato con i cofondatori della Congregazione di Missionari; egli cita in concreto il v. 4: “Virga tua et baculus tuus ipsa me consolata sunt” (“Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza”). Il Santo interpreta il salmo a modo suo, “alludendo alla devozione e fiducia che dobbiamo professare alla santa Croce e a Maria Santissima (memorie celebrate il 16 luglio), applicando poi tutto il salmo al nostro disegno” (sono parole sue riportate nell’Autobiografia, n. 490).

 

 

Preghiera: O Dio, pastore d’Israele, che hai ricondotto il tuo Figlio nei sentieri della vita, facci sempre sentire la tua amorosa presenza, affinché non ci manchi il pascolo erboso, ci sia assicurata l’acqua tranquilla, e possiamo abitare felici nella tua casa. 

 

Bibliografia: Spirito Rinaudo, I salmi preghiera di Cristo e della Chiesa, Elle Di Ci, Torino-Leumann 1973; Vincenzo Scippa, Salmi, volume 1. Introduzione e commento, Messaggero, Padova 2002; Ludwig Monti, I salmi: preghiera e vita, Qiqajon, Comunità di Bose 2018; Temper Longman III, I salmi. Introduzione e commento, Edizioni GBU, Chieti 2018.