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domenica 28 gennaio 2024

SACRO E PERICOLO

 



In tutta la cultura ebraica sacro e pericolo sono legati a doppio filo. Nella tradizione si dice che la Bibbia “brucia le mani” e che le lettere sulle pagine sono “fuoco nero su fuoco bianco”. Ancora oggi, in sinagoga non si usa toccare i rotoli della Toràh con le mani. Per tenere il segno o indicare una parola si usa una bacchetta con la punta a forma di mano, che infatti si chiama iad, “mano”. Dentro la Bibbia, poi, è piantata la parola più sacra e, quindi, più pericolosa: il tetragramma. Il nome di Dio composto da quattro consonanti. Anticamente veniva pronunciato una sola volta all’anno, durante la ricorrenza più solenne: Iom Kippùr, il Giorno dell’espiazione. Lo faceva il sommo sacerdote nella parte più interna del tempio di Gerusalemme, alla quale solo lui aveva accesso, mentre fuori gli shopharìm, i corni d’ariete sonavano a tutto volume perché nemmeno potesse udirlo. Non solo: il sommo sacerdote entrava nel cuore del tempio con una corda legata a una caviglia, per poter essere trascinato fuori precipitosamente se qualcosa fosse andato storto. Pronunciare il nome di Dio: un atto rischioso fino alla fatalità. Questo è il motivo per cui spesso nella Bibbia ebraica il tetragramma non e vocalizzato. L’alternativa consiste nel vocalizzarlo con le vocali di un’altra parola al posto delle sue: Adonài, Signore. Si tratta di una indicazione per il lettore: “Invece di pronunciare il tetragramma sacro, leggi Adonài”.

Fuori dall’ambito della lettura biblica, gli Ebrei solitamente sostituiscono il nome di Dio con l’espressione Hashèm, che significa semplicemente “quel nome”.

Spesso la religione viene presentata come un ambito protettivo, un rifugio dentro il qual sentirsi sicuri. La solidità dei sani principi, il conforto della tradizione, la consolazione che deriva da un’antica saggezza. Forse le istituzioni sacre col tempo subiscono una trasformazione chimica da conduttori a isolanti. Il fatto è che dove non c’è un terrificante pericolo, non c’è neppure vera sacralità. Almeno, questo è ciò che racconta la Bibbia.

 

Fonte: Roberto Mercadini, La donna che rise di Dio e altre storie della Bibbia, Rizzoli 2023, pp.112-114.