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sabato 30 gennaio 2016

TRADURRE IL « KYRIE ELEISON » ?


  
 
Ripropongo una stringata e incompleta sintesi di uno studio di Emmanuela Zurli, di qualche anno fa, sul “Kyrie eleison. L’invocazione biblica a Dio, che ci ama come una madre” (Rassegna di Teologia 51 (2010) 215-232). Si può essere d’accordo o meno con la studiosa. In ogni modo, si tratta di un esempio di come la traduzione è capace di attirare intorno a sé le più vaste tematiche ermeneutiche.

Lo studio della Zurli si propone di verificare significato e contesto originari dell’invocazione di origine biblica Kyrie eleison, tradotta nella liturgia: “Signore, pietà”. Sin dall’indagine semantica, condotta sul linguaggio originario e le successive traduzioni, sia da quella contestuale, svolta sui Vangeli, risulta che l’invocazione si rivolge all’amore “materno” di Dio e non nasce da una richiesta di perdono dei peccati. L’autrice, quindi, suggerisce di tradurla : “Signore, amami teneramente”.

Se risaliamo alla lingua originaria dell’invocazione, l’aramaico, ci rendiamo conto che nella prima traduzione – in greco, a cui ha fatto seguito quella in latino e, quindi, nelle lingue moderne – si sono verificati due fenomeni: l’occultamento del carattere materno di Dio nonché l’accentuazione della colpevolezza umana.

L’invocazione ricorre dieci volte nei Vangeli sinottici ed è rivolta a Gesù (Mt 9,27; 15,22; 17,15; 20,30-31 [2x]; Mc 10,47-48 [2x]; Lc 17,13; 18,38-39 [2x]). L’invocazione non ci è giunta nella sua lingua originale (l’ebraico/aramaico) ma soltanto nella sua versione greca: Kyrie eléēson. Al verbo greco utilizzato nell’invocazione è sotteso un termine ebraico con cui nell’Antico Testamento veniva descritta la componente materna dell’amore di Dio. Infatti il più delle volte il verbo eléēo traduce l’ebraico rhm, che viene usualmente reso con “provare misericordia”, “sentire pietà”, “provare tenerezza”, “commuoversi”, “amare (teneramente)”. Notiamo però che tutte le volte che eléēson appare nei Vangeli, è stato reso con il verbo latino misereri. In questo modo non è scomparso soltanto il riferimento all’amore materno di Dio che l’invocazione vuole suscitare, ma è stato spostato l’accento sulla colpevolezza dell’uomo. Il collegamento della peccaminosità al Kyrie eleison è entrato anche nella prassi della spiritualità, sia ortodossa che cattolica, delle Chiese cristiane di lingua greca.

Come detto, la Zurli suggerisce di tradurre l’invocazione in questione “Signore, amami teneramente”, ma più avanti dice: “Appurata la mancanza, nelle lingue moderne, di un termine unico che renda sia la componente materna sia il profondo coinvolgimento contenuti nell’espressione originaria, una soluzione è forse lasciare l’invocazione, consapevoli del suo significato più autentico, nella lingua nella quale la tradizione cristiana l’ha tramandata per quasi duemila anni, il greco”.