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sabato 25 giugno 2016

SACRO E PROFANO, DUE MONDI OPPOSTI?



 
Non c’è dubbio che uno dei temi che agitano la questione liturgica è il rapporto tra sacro e profano, questione che interessa non solo alla ricerca teologica, ma anche alla filosofia, all’antropologia… Senza grandi pretese, in questo blog più volte ci siamo interessati dell’argomento. In questi giorni ho avuto tra le mani un piccolo libro classico sull’argomento: Jean-Jacques Wunenburger, Le sacré (Que sais-je?), Presses Universitaires de France, Paris 20136. 126 pp. L’autore è un noto professore di filosofia.

Sul rapporto tra sacro e profano, ecco in stringata sintesi quanto afferma l’autore nella seconda parte del volumetto:

L’opposizione assoluta tra sacro e profano sembra ad alcuni autori rivelatrice della struttura stessa del sacro. Secondo É. Durkheim, la divisione del mondo in due settori comprendenti l’uno tutto ciò che è sacro, l’altro tutto ciò che è profano…, è il tratto distintivo del pensiero religioso.

Ma, ci domandiamo, il sacro e il profano costituiscono veramente due tipi di fatti indipendenti ed opposti? I riti sacri implicano sempre una rottura tra due situazioni della coscienza, due luoghi, due momenti, segnati da gesti o parole simboliche. Ma i comportamenti sacri fanno appello al corpo, all’affettività o allo spirito, come d’altronde anche i comportamenti profani. La differenza tra un gesto rituale profano e un gesto rituale sacro non è sempre chiara. Questa difficoltà spiega fino a che punto il sacro è sempre minacciato da deviazioni, e spiega anche come un rito religioso possa degenerare in condotta gratificante di piacere.

Il vissuto sacro è un equilibrio sempre difficile di conservare tra due aspirazioni contrarie, ma sempre mescolate. Possiamo quindi affermare che l’opposizione tra sacro e profano sia stata sopravalutata. Si potrebbe dire che sacro e profano, più che essere due mondi separati, esprimono due poli di valutazione della vita e del mondo. 

La desacralizzazione dei fenomeni sociali e culturali mette in evidenza il carattere labile, fragile, ambivalente del sacro, frequentemente a vantaggio di una affermazione e legittimazione di altre forme di relazione con la trascendenza come la fede, la mistica o la stessa speculazione teologica.