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sabato 26 agosto 2017

“RIFORMA LITURGICA IRREVERSIBILE” PER CHI SUONA LA CAMPANA?





Il discorso di papa Francesco, del 24 agosto scorso, ai partecipanti al Convegno del CAL ha avuto una vasta eco nei media. La quasi totalità dei titoli hanno ripreso le parole del papa: “la riforma liturgica è irreversibile”. Parole chiare e di peso, soprattutto se lette nel contesto in cui si trovano: “… dopo questo magistero, dopo questo lungo cammino possiamo affermare con sicurezza e con autorità magisteriale che la riforma liturgica è irreversibile”. Alla luce di queste parole, qualcuno ha interpretato il discorso come fosse il “Quo primum tempore” del Novus Ordo, alla stregua della bolla “Quo primum tempore” con cui Pio V “blindò” il suo Missale Romanum. Non credo che il Novus Ordo abbia bisogno di essere “blindato”; basta la Costituzione Apostolica “Missale Romanum” di Paolo VI e il magistero di questo papa al riguardo fino alla fine della sua vita.  

Non c’è dubbio che il discorso di Francesco è rivolto a coloro che in diversi modi parlano della “riforma della riforma (montiniana)”. Costoro intendono ripensare e rivedere la riforma di Paolo VI, giudicata non fedele al dettato della Sacrosanctum Concilium e alla tradizione del Rito romano. Papa Francesco afferma invece che “la direzione tracciata dal Concilio trovò forma, secondo il principio del rispetto della sana tradizione e del legittimo progresso (cf. SC, 23), nei libri liturgici promulgati dal Beato Paolo VI”.

Il discorso è rivolto anche alle Conferenze episcopali e ai Pastori in genere, invitati a guidare l’applicazione pratica della riforma montiniana. “Non basta riformare i libri liturgici per rinnovare la mentalità”, si richiede quindi l’educazione liturgica di Pastori e fedeli, è questa “una sfida da affrontare sempre di nuovo”. Perciò il papa invita a riscoprire “i motivi delle decisioni compiute con la riforma liturgica, superando letture infondate e superficiali, ricezioni parziali e prassi che la sfigurano”.

Alcuni hanno affermato che il grande escluso dal discorso è Benedetto XVI. Nell’excursus storico iniziale, papa Francesco cita solo Pio X che istituì una commissione per la riforma generale della liturgia; Pio XII che riprese il progetto riformatore e prese decisioni concrete al riguardo; e Paolo VI che promulgò i nuovi libri liturgici, “ben accolti dagli stessi vescovi che furono presenti al Concilio”. La scelta ha una sua logica. Sarebbe meschino  contrapporre papa Francesco a Benedetto XVI che, da Sommo Pontefice non ha parlato mai di “riforma della riforma” e nella Lettera che accompagna il motu proprio Summorum Pontificum parla del “valore e santità del nuovo rito” nonché della “ricchezza spirituale e la profondità teologica del Messale di Paolo VI”. 

Come ha scritto Cesare Giraudo in facebook, «riforma irreversibile», poiché ogni riforma liturgica ha sempre puntato in avanti (una riforma liturgica "in retromarcia" o con inversione a "U" è un controsenso). E io aggiungo, la irreversibilità della riforma di Paolo VI, come di ogni riforma, non significa che i libri liturgici montiniani rimangono “blindati” e “immutati” per sempre. La Chiesa ha sempre bisogno di purificazione (cf. LG, 8) e, in questo contesto, anche la liturgia è sottoposta ad un processo di purificazione o di riforma.


Matias Augé