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domenica 1 aprile 2018

CROCE E RESURREZIONE






Gabriella Caramore e Maurizio Ciampa, Croce e Resurrezione (Icone), il Mulino, Bologna 2018. 165 pp. 12 €.

Sessantacinque anni separano la Salita al Calvario di Pieter Bruegel il Vecchio dalla Cena di Emmaus di Rembrandt. Del 1564 il primo, del 1629 il secondo. Diversa la geometria della rappresentazione, diversi il dinamismo cromatico e la strategia della luce.

Perché abbiamo voluto accostare opere così distanti?

In modi certamente diversi, Bruegel e Rembrandt portano dentro la spirale della modernità il racconto della Croce e della Resurrezione di Gesù, e ne custodiscono il paradosso e lo scandalo, ne conservano memoria, facendone risaltare la fibra essenziale.

Una forte carica interrogativa, che tocca e scuote i fondamenti dell’esperienza cristiana, avvicina le due opere.

Congiungerà il suo Golgota il Cristo smarrito della Salita al Calvario? Quale strada può percorrere per vincere l’indifferenza da cui è circondato? Questa è la domanda che troviamo in Bruegel. Ed è radicale, perché si porta appresso il fardello pesante di un dubbio sull’efficacia del simbolo cristiano.

[…]

Se poi guardiamo alla Cena di Emmaus i Rembrandt, a quel buio sfibrato che avvolge anche il Cristo, e a quella luce che emerge dall’ombra come un enigma, l’evento della resurrezione, narrato parcamente nei Vangeli, ma rivestito di significati immaginifici e consolatori nella storia della cristianità, sembra spalancare una interrogazione nuova: che cosa il credente può ancora credere? Che significato può avere il racconto della resurrezione in tempi, come i nostri, di radicale scetticismo e di dubbiosa ricerca? Quale narrazione di quell’evento può aiutarci a darne una lettura che non strida con l’esigenza contemporanea di uscire dal linguaggio del mito?

[…]

(Dall’Introduzione all’opera, pp. 7-9)