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venerdì 8 maggio 2020

DOMENICA V DI PASQUA (A) – 10 Maggio 2020





At 6,1-7; Sal 32 (33); 1Pt 2,4-9; Gv 14,1-12

Il Sal 32 invita i giusti a lodare il Signore, poiché “retta è la parola del Signore e fedele ogni sua opera”. L’inno di lode, che per secoli ha celebrato la gloria di Dio nei ristretti confini del popolo di Israele, corre ora da un capo all’altro della terra, dovunque vive un uomo che “spera nel suo amore”. In modo simile, l’antifona d’ingresso, riprendendo i due primi versetti del Sal 97, ci invita a cantare “al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto prodigi; a tutti i popoli ha rivelato la salvezza”. La salvezza di Dio si è manifestata pienamente ed a tutti i popoli nel mistero del Cristo morto e risorto.

La lettura evangelica propone un brano del discorso di addio pronunciato da Gesù nel contesto dell’ultima Cena. Gesù parla della sua dipartita da questo mondo e del suo ritorno alla casa del Padre, dove va a preparare un posto anche per i suoi discepoli. San Tommaso desidera conoscere la via per arrivare al luogo dove Gesù afferma che sta per andare. Gesù risponde di essere lui stesso la via, ma non solo: egli aggiunge che è anche la verità e la vita. Queste parole non devono essere interpretate in modo astratto. Gesù propone la propria persona, il proprio messaggio come ciò che rende “vero” lo sguardo dell’uomo su di sé, che dà autenticità ai desideri più profondi delle persone, che dona cioè senso e vigore alla vita e la riempie di speranza e di un orizzonte aperto, duraturo, eterno e per questo degno di essere ricercato e perseguito.  Gesù morto e risorto è la via unica che conduce al Padre, la verità che illumina, la vita eterna che ci viene donata già ora nel nostro cammino verso la gloria definitiva. Insomma Gesù è la via per giungere alla vera vita, ossia alla verità della vita.

La seconda lettura riprende e sviluppa la stessa dottrina della centralità di Cristo nella vita dell’uomo; lo fa adoperando un’altra immagine, quella della “pietra”. San Pietro paragona la comunità dei credenti ad un “edificio spirituale, per un sacerdozio santo…”, fondato su Cristo “pietra d’angolo” dell’edificio. Con la sua risurrezione, Cristo si è mostrato davanti agli uomini come roccia su cui fondare l’edificio di una nuova comunità, quella dei credenti in Lui, che sono a loro volta chiamati “pietre vive”. Per coloro invece che rifiutano Cristo quale pietra angolare, essa diventa “sasso d’inciampo e pietra di scandalo”.

Della nuova comunità fondata su Cristo, che è la Chiesa, e dei suoi primi passi nella storia, parla la prima lettura. Si tratta di una comunità che, pur nelle sue contraddizioni e tensioni, vive in atteggiamento di “servizio” (servizio della Parola e servizio dei poveri) ad esempio di colui che ha detto: “Il Figlio dell’uomo non è venuto a farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10,45). In questo modo, la Chiesa, quale strumento di salvezza, è chiamata a rendere presente ed operante, nel tempo e nel mondo, la grazia del Risorto, di colui che è il solo Salvatore, la via unica che conduce al Padre.

La funzione mediatrice di Cristo e il carisma sacerdotale della Chiesa trovano il loro esercizio privilegiato nella celebrazione eucaristica. Qui avviene il misterioso scambio di doni che ci rende possibile la comunione con Dio, unico e sommo bene (orazione sulle offerte). Nella celebrazione eucaristica si verifica quel processo che ci fa passare “dalla decadenza del peccato alla pienezza della vita nuova” (orazione dopo la comunione).