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domenica 16 maggio 2021

I RITI TRISTI

 



 

Manuel Belli, L’epoca dei riti tristi (Nuovi saggi Queriniana 101), Brescia 2021. 233 pp. (€ 16,00).

 

Dopo il volume di Byung-Chul Han, La scomparsa dei riti, di cui ho postato una sintesi lo scorso 11 aprile, ecco un’altra opera che si  occupa della crisi della ritualità. Abbiamo constatato che l’assioma “spiegare di più per celebrare meglio” non funziona. Come anche fallimentari si sono dimostrati i tentativi che molti fanno di rendere i riti “stravaganti”: celebrare con paramenti settecenteschi in latino o con il naso da clown e sostituendo scenette alla predica non differiscono. Si tratta di fraintendimenti rituali opposti, ma con la stessa matrice: l’illusione sottesa è che il problema siano i riti proposti dal libro liturgico. Le soluzioni cambiano poi a seconda dei gusti personali: qualcuno preferisce “fughe retrò” e qualcuno “slanci cabarettistici”, ma sono solo due lati della stessa medaglia.

 

Occorre guardare oltre: il problema non è né spiegare la messa né renderla meno noiosa. L’attuale generazione non ha problemi solo con i riti religiosi: ad essere in crisi è la ritualità in genere. Infatti, la ritualità è la parte fondamentale della nostra umanità: noi esistiamo istituendo riti. E anche i riti più complessi (come quelli religiosi) scaturiscono dalla combinazione di azioni simbolico/rituali elementari: camminare, mangiare, toccare, leggere, cantare, illuminare, lavare, pregare.

 

Abbiamo problemi con i riti liturgici perché abbiamo problemi più ampi con i riti, e viceversa. Qualcuno ha definito il nostro tempo, l’epoca delle passioni tristi. Potrebbe essere che la tristezza che ammala la nostra epoca dipenda dai “riti tristi” che la costellano. Viviamo un’epoca di riti tristi caratterizzata da basse densità di significato. Nei riti che costellano la vita c’è un potenziale di tristezza che si riversa nei riti liturgici.

 

Se si perde il senso del far festa, vista soprattutto come semplice tempo libero, si perde anche il senso della domenica come “festa primordiale” dei cristiani. Se diventa una prassi frequente mangiare da soli in un fast food, si perde il senso conviviale del pasto e quindi si affievolisce il senso conviviale dell’eucaristia. La parola di Dio custodita in un libro e affidata alla lettura e alla predicazione sembra non collimare con le esigenze della ritualità comunicativa indotte dalla rivoluzione informatica. E ancora, visto che siamo sempre on line e sempre meno in presenza, a che scopo insistere sulla convocazione dell’assemblea? Sono solo alcuni esempi che ci invitano a riflettere. Il libro del Prof. Manuel Belli ci aiuta in questa riflessione.