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domenica 9 maggio 2021

LA LITURGIA DELLE ORE ADATTA AL PROPRIO CARISMA

 



 

La rivista Testimoni ha pubblicato, nel fascicolo dello scorso mese di aprile, una pagina sulle “Congregazioni americane e la liturgia delle Ore” firmata da Sr. Elsa Antoniazzi, membro della Redazione della rivista. L’autrice ci informa su una iniziativa sorta negli USA, dove “molte Congregazioni stanno cercando di redigere un testo per la liturgia delle Ore che sia proprio, così che i testi della Scrittura e le orazioni diano corpo a una preghiera che sia più consona ai diversi specifici carismi”.  Non conosco l’entità e le caratteristiche di questa iniziativa, ma la possiamo collocare nel contesto della giusta ricerca di una liturgia delle Ore in cui il “vissuto possa intrecciarsi con essa”. L’iniziativa va oltre quanto è regolato dall’Istruzione della Congregazione per il culto divino sui Calendari particolari (AAS 62, 1970, 651-663).

La rivista colloca questa pagina sotto il titolo “Monachesimo”. Credo però che la problematica non riguarda i grandi Ordini monastici, alcuni dei quali hanno una propria e collaudata tradizione in questo settore, ma piuttosto molte Congregazioni femminili e anche maschili che pregano regolarmente in comune parte della liturgia delle Ore, in particolare le Lodi mattutine ed i Vespri. Queste comunità desiderano giustamente esprimere attraverso la preghiera della Chiesa la propria sensibilità spirituale. Si tratta sempre della “preghiera della Chiesa, che loda il Signore incessantemente e intercede per la salvezza del mondo” (Sacroanctum Concilium 83). Ma progettare “un testo della liturgia delle Ore che sia proprio” può favorire una preghiera autoreferenziale e affievolire quindi la sua dimensione ecclesiale.

Si deve applicare alla liturgia delle Ore l’affermazione del Vaticano II contenuta in SC 10, riguardante la liturgia come culmen et fons della vita della Chiesa. Possiamo affermare che la preghiera liturgica è culmine, norma, criterio, punto di riferimento, sorgente, sacramento di ogni preghiera cristiana, non in senso meramente giuridico – istituzionale ma oggettivo – contenutistico. Oggettivamente, dato il suo carattere normativo, il contenuto della preghiera liturgica si accorda perfettamente con l’ideale della preghiera cristiana. Quando la Chiesa afferma che una preghiera è liturgica, garantisce che quel testo particolare manifesta la sua fede e la sua coscienza di comunità orante. Naturalmente questo non esclude che altri testi, anche le preghiere spontanee di persone umili e senza particolare cultura teologica, siano preghiera veramente ecclesiale. L’atto giuridico di riconoscimento ufficiale compiuto dalla gerarchia della Chiesa è da considerarsi quindi conseguente alla realtà oggettiva preesistente di cui esso ne è la garanzia. Nella preghiera liturgica le diverse espressioni della preghiera cristiana trovano non solo il loro nutrimento naturale, ma anche la possibilità di riconoscersi come appartenenti a una “tradizione” e di confrontarsi con la norma oggettiva.

Nell’attuale ordinamento della liturgia delle Ore ci sono delle possibilità che possono soddisfare, almeno in parte, le giuste richieste delle consacrate e dei consacrati di esprimere il proprio carisma. Ne indico alcune. Gli inni e gli altri canti non biblici di solito caratterizzano l’aspetto particolare delle diverse Ore. Le Conferenze Episcopali hanno la facoltà di introdurre inni di nuova composizione purché si adattino al carattere dell’Ora, o del tempo o della celebrazione. In questo contesto, gli istituti di vita consacrata possono proporre inni adatti alla propria tradizione spirituale. Le letture brevi delle diverse Ore sono state scelte in modo di esprimere brevemente ma chiaramente una sentenza o una esortazione. Nulla vieta di aggiungere un breve commento adatto all’assemblea celebrante. Alle invocazioni e alle intercessioni delle Lodi e dei Vespri possono essere aggiunte alcune intenzioni particolari che, pur rispettandone la struttura, esprimano le esigenze del proprio carisma. Un altro elemento che si è introdotto nelle celebrazioni delle Ore è la cosiddetta colletta salmica, recitata dopo ogni salmo, che pur non essendo prevista nell’attuale ordinamento liturgico, è un’antica tradizione che non intacca la struttura della liturgia delle Ore. Come è noto, la Congregazione per il culto divino ha da tempo allo studio la pubblicazione di una serie di preghiere salmiche da adoperarsi nella liturgia delle Ore. I consacrati possono esprimere in queste preghiere il proprio modo di interpretare i salmi alla luce della loro specifica tradizione spirituale.  

Al di fuori di quanto detto, ogni iniziativa individuale o di gruppo che si allontana dalla liturgia proposta dalla Chiesa, rischia di essere un abuso. La liturgia delle Ore è codificata e disciplinata nei libri liturgici, sottratta alla moda mutabile. In ogni modo, essa non si esprime con un linguaggio asettico né anonimo. È come uno spartito musicale, preciso e perfetto in sé, però da “interpretare” ogni volta che è impiegato nella celebrazione. Papa Francesco ha detto: “La liturgia non è ‘il campo del fai-da-te’ ma l’epifania della comunione ecclesiale. Perciò, nelle preghiere e nei gesti risuona il ‘noi’ e non l’ ‘io’; la comunità reale, non il soggetto ideale” (Discorso alla Plenaria della CCDDS, 14.02.2019). La celebrazione liturgica ci sradica dal nostro individualismo e ci educa a stare insieme, a condividere, a pregare insieme. L’individualismo soffoca il senso della comunità.

La liturgia delle Ore ha una sua dimensione formativa che, come dice Elsa Antoniazzi, “forgia mente e cuore mentre è quotidianamente celebrata”. E, come afferma la Costituzione SC 84, quando è pregata “secondo le forme approvate, allora è veramente la voce della Sposa che parla allo Sposo, anzi è la preghiera che Cristo unito al suo corpo eleva al Padre”.