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venerdì 5 novembre 2021

DOMENICA XXXII DEL TEMPO ORDINARIO ( B ) – 7 Novembre 2021

 



1Re 17,10-16; Sal 145; Eb 9,24-28; Mc 12,38-44

 

È donando dalla nostra povertà che noi diventiamo veramente ricchi davanti a Dio. In sintesi, è questo il messaggio che sembra emergere dalle letture bibliche. La prima lettura e il brano evangelico parlano della generosità di due povere vedove. La povera vedova di Zarepta, che aiuta il profeta Elia e la vedova lodata da Gesù perché i pochi spiccioli gettati nella cassetta delle offerte del Tempio rappresentano tutto quanto essa ha per vivere. Malgrado la loro povertà le due donne che la parola di Dio ci presenta trovano ancora qualcosa da dare: la prima accetta di condividere il poco che ha con uno straniero, mentre lei e suo figlio sono sulla soglia della morte; l’altra, in un atto di omaggio a Dio e di adorazione, dà il denaro di cui aveva bisogno per vivere. Ambedue si rivelano adorne delle qualità che devono caratterizzare la figura del discepolo di Cristo: disponibilità ad accogliere la parola di Dio, abbandono incondizionato al suo volere, prontezza a donare e a perdere anche la vita. L’offerta povera di queste donne è offerta amorosa e totale della vita.

 

Soffermiamoci brevemente sulla scena evangelica. Nel cortile del Tempio, al quale avevano accesso anche le donne, erano allineate tredici ceste, in cui venivano gettate le offerte. Ci sono molti ricchi che fanno laute offerte, di cui il sacerdote ripete ad alta voce l’entità, suscitando l’ammirazione dei presenti. E c’è una povera vedova che offre pochi spiccioli e non suscita nessun mormorio di ammirazione. Gesù però la scorge e richiama l’attenzione dei discepoli contrapponendo la condotta della vedova alla vanità, ambizioni e privilegi degli scribi, che erano i maestri della legge dell’Antico Testamento, e alla ostentazione vanitosa di tanti ricchi che gettavano molte monete nella cassetta delle offerte. Questi, dice Gesù, danno del loro superfluo, mentre invece la povera vedova dà tutto quanto possiede. A partire dalle azioni più semplici e quotidiane Gesù sa leggere l’intenzione profonda del cuore; egli giudica non secondo le apparenze ma in verità, poiché è capace di vedere in profondità ciò che tutti vedono, grazie ad uno sguardo diverso sulla realtà, uno sguardo secondo il sentire di Dio. A parte la sete di potere e di arrivismo che ovunque regna, bisognerebbe vedere fino a che punto noi cristiani siamo capaci di gesti generosi di ospitalità e di partecipazione alle sofferenze dei nostri simili. Dio non ci chiede il nostro denaro, ma chiede la nostra persona, e cioè la nostra disponibilità a donarsi per il bene degli altri.

 

Il vero dono non è dono di qualcosa, ma simbolizza il dono di sé, il dono della vita. In questo contesto, possiamo collocare l’esempio supremo di Cristo di cui parla la seconda lettura. E, il gli ci rende partecipi della sua vita divina offrendo se stesso: “Cristo si è offerto una volta per tutte per togliere i peccati di molti”. È donando noi stessi che ciascuno di noi partecipa veramente al dono della salvezza che Gesù ci offre. Il senso dell’eucaristia è questo: l’innesto sempre nuovo della nostra vita dentro all'unico e perfetto sacrificio di Cristo.