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lunedì 1 novembre 2021

COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI – 2 Novembre 2021

 



3° formulario di Messa

 

Sap 3,1-9; Sal 41-42; Ap 21,1-5a.6b-7; Mt 5,1-12a

 

Il Giorno dei fedeli defunti è anzitutto un giorno di speranza! Il brano del libro della Sapienza della prima lettura apre il nostro cuore alla speranza: le anime dei giusti sono “nelle mani di Dio” e “nella pace”. Anche la seconda lettura contiene un messaggio di speranza: a partire dall’esperienza del cammino percorso dal popolo d’Israele nel deserto prima di arrivare alla terra promessa, Giovanni annuncia che Dio “asciugherà ogni lacrima” e abiterà con noi per sempre. Pure il brano evangelico si chiude con parole che invitano alla fiducia, parole pronunciate dallo stesso Gesù alla fine del discorso sulle Beatitudini: “Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”.

 

“Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento li toccherà”. Le mani sono come il prolungamento della realtà più intima dell’essere umano. Rappresentano una mirabile fusione del corpo e dello spirito. L’immagine delle “mani” è particolarmente adatta ad esprimere quanto grande sia l’amore con cui Dio ci circonda. Quando la Bibbia intende dare un simbolo al potere creatore di Dio, alle sue imprese di salvezza o alla sua vicinanza di Padre, ricorre spesso all’immagine delle mani. La mano è quindi simbolo del potere e dell’azione, ma anche della misericordia e dell’amicizia di Dio: “Ho teso la mano ogni giorno a un popolo ribelle” (Is 65,2), dice il Signore per bocca del profeta Isaia.

 

Il brano dell’Apocalisse che abbiamo ascoltato appartiene all’ultima parte o ultima visione del libro, che ha come tema di fondo il rinnovamento messianico dell’intera creazione, giunto ormai alla sua piena realizzazione. Ecco perché l’insistenza sul termine “nuovo” e sul fatto che ciò che era prima, col suo retaggio di male e di sofferenza, è ormai superato “perché le cose di prima sono passate”, e che le forze del male sono vinte definitivamente. Si parla della Gerusalemme futura, simbolo di un’umanità nuova, il traguardo a cui Dio vuol condurre la sua opera di salvezza. Gerusalemme è descritta con le due immagini della città e della sposa. La città degli eletti, contrariamente a quella di Babilonia, è un dono di Dio, che scende dal cielo, pronta come una sposa nel giorno delle nozze definitive col Creatore. Quel giorno l’amore, finalmente palese e condiviso, cancellerà ogni amarezza dal volto degli eletti. La terra e il mare, poi, simboli della schiavitù degli Ebrei in Egitto, lasceranno il posto alla terra promessa.

 

Nella lettura evangelica abbiamo ascoltato il discorso delle Beatitudini, cuore del messaggio neotestamentario. Gesù sale sulla montagna e pronuncia il discorso circondato dai dodici apostoli e dalle folle: si tratta di una folla venuta da ogni dove, persino dalla Decapoli e da oltre il Giordano. Si tratta quindi di un discorso rivolto a tutti, non solo ai dodici e non solo al popolo giudaico, ma a tutti. Questa pagina evangelica riassume l’oggetto totale della speranza cristiana di fronte alla morte. Gesù però non parla solo di un futuro lontano. Per i profeti le beatitudini erano al futuro, una speranza. Per Gesù sono al presente: “oggi” i poveri sono beati. I destinatari dell’augurio sono quindi già ora “beati”, sono cioè nella situazione giusta, nella corretta apertura a Dio. Resta vero in ogni caso che si tratta di un messaggio che si attua in pienezza solo se rimane aperto sull’eternità. Le Beatitudini sono la scommessa che il vero discepolo di Gesù fa su una “nuova umanità”, resa possibile non dai soli sforzi umani, ma dal Dio che ha scelto di stare dalla parte dei poveri, dei miti, dei giusti, di coloro che soffrono per il bene e per la pace.