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domenica 21 novembre 2021

IN CHE SENSO LA MESSA E’ ANCHE NOSTRA

 



Il vescovo di Novara, Mons. Franco Giulio Brambila, ha ricordato ad un parroco, inviato ad esercitare il suo ministero in una nuova parrocchia, che la preghiera liturgica, nel caso specifico la Messa, “non è nostra ma della Chiesa madre” e, quindi, la “actuosa participatio” non è un invito alla creatività che vada oltre agli spazi di creatività previsti dal Messale stesso.

Il Prof. Andrea Grillo prende posizione nel suo blog Come se non (https://www.cittadellaeditrice.com/munera/come-se-non/) e si domanda che cosa significa affermare “la Messa non è nostra”? Come atto di “riconoscimento”, l’atto rituale non è mai un atto assolutamente creativo. E tuttavia, per essere atto rituale, la messa deve anche restare un atto relativamente creativo. L’azione rituale della Eucaristia è un atto di Cristo e della Chiesa. Quindi allo stesso tempo “non è” nostra ed “è” nostra. In ogni linguaggio della messa non agisce né solo Dio né solo il popolo, né solo Cristo né solo la Chiesa. Ma sempre, allo stesso tempo, gli uni e gli altri, insieme, concordemente, in una relazione qualificante.

E il Prof. Grillo conclude affermando, tra l’altro: Una Chiesa che, proprio nel suo atto più decisivo, fosse solo capace di “riprodurre testi classici” e incapace di improvvisare con fedeltà e con gusto, sarebbe una Chiesa in profonda crisi. Nessun intervento sul testo della Messa è di per sé giustificato, salvo che non vi sia un cammino comunitario che elabora forme rispettose di approfondimento, di riflessione, di articolazione e di arricchimento della fede ecclesiale. Poiché questo non è ordinario, ma non può essere escluso, il principio affermato (“la Messa non è nostra”) è un principio relativo, ma non un principio assoluto.

Non c’è dubbio che la riflessione del Prof. Grillo, che ho sintetizzato con le sue stesse parole, ha un suo fascino e la possibilità di essere accolta nel caso “non ordinario” da lui indicato, anche se la disciplina attuale non lo contempla. Non è facile trovare una comunità che intraprenda un cammino del genere.

Vorrei aggiungere qualche mia breve considerazione. Purtroppo, la creatività che si riscontra in molte celebrazioni eucaristiche è d’altro genere e non si può considerare un arricchimento. Anzi, si rischia di strumentalizzare la liturgia per adeguarla ai propri gusti. Direi che si tratta di un nuovo devozionismo. Se per secoli le devozioni hanno occupato lo spazio del rito e impedito la partecipazione ad esso, oggi i fautori della creatività occupano lo spazio del rito della Chiesa con le loro fantasie e impediscono che la “mente concordi con la parola (della Chiesa)” (cf. SC 90).