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venerdì 21 giugno 2024

NATIVITA’ DI SAN GIOVANNI BATTISTA – 23 Giugno 2024

 



Messa vespertina della vigilia

 

Ger 1,4-10; Sal 70; 1Pt 1,8-12; Lc 1,5-17

 

Le tre letture bibliche fanno riferimento a questo ruolo profetico del Battista. Il brano della prima lettura riporta la vocazione di Geremia, chiamato ad essere profeta quando era ancora di giovane età in un momento in cui il popolo di Dio attraversava uno dei più difficili sconvolgimenti della sua storia. Leggendo la vocazione di Geremia si comprende meglio la vocazione di Giovanni, anch’egli chiamato dal Signore “fin dal seno di sua madre” (vangelo) in un momento cruciale della storia di Israele. Geremia è chiamato “per sradicare e demolire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare”. Giovanni Battista, come Geremia, è inviato e consacrato da Dio per annunciare contemporaneamente il giudizio e la redenzione del popolo.

 

L’ufficio profetico non è legato alla famiglia o ad un ordine legale, come quello dei sacerdoti e dei leviti, ma è liberamente direttamente trasmesso da Dio stesso, come missione. “Attraverso i profeti, Dio forma il suo popolo nella speranza della salvezza, nell’attesa di una alleanza nuova ed eterna destinata a tutti gli uomini e che sarà inscritta nei cuori” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 64). Queste parole trovano una sua eminente espressione nella missione di Giovanni Battista: Egli “camminerà innanzi [al Signore] con lo spirito e la potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto” (vangelo). Come i profeti antichi, Giovanni traduce la legge in termini di esistenza vissuta, annunzia l’imminenza dell’ira e della salvezza e, soprattutto, discerne il Messia presente senza essere conosciuto e lo indica. Giovanni chiude l’economia dell’antica alleanza, succedendo all’ultimo dei profeti, Malachia (V secolo a. C.), di cui compie l’ultima predizione: “Io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore” (Ml 3,23).

 

I profeti sono amici di Dio che, animati nel profondo dallo Spirito, indicano al popolo il senso degli eventi, ammoniscono, scuotono. Più che predire il futuro, i profeti hanno il dono di capire e interpretare il presente. Non hanno paura di dire anche delle verità scomode, che contrastano con l’indirizzo delle istituzioni politiche e religiose e che possono mettere in pericolo di vita di chi le annunzia. Anche Gesù viene considerato un profeta dai suoi contemporanei (cf. Gv 6,14) ed egli stesso lo afferma di sé (cf. Lc 13,33). Anzi, Gesù non è solo un profeta, ma il profeta, l’inviato dal Padre per annunciare agli uomini la buona novella della salvezza (cf. Lc 4,24). I profeti esistono ancora, sono presenti in mezzo a noi. Il Vaticano II afferma che tutti i cristiani sono chiamati a partecipare al ruolo e alla missione profetica di Cristo. La profezia è quindi un dono e una dimensione comune dell’esistenza cristiana. Questo dono si manifesta in modo particolarmente fecondo in alcuni santi e in semplici e umili credenti che vivono il loro battesimo in profondità. La profezia non mancherà mai nella comunità ecclesiale come forma permanente di memoria che obbliga a non assumere mai nella vita alcun assoluto, ma piuttosto a relativizzare ogni cosa davanti all’unico necessario. 

 

 

 Messa del giorno

 

 Is 49,1-6; Sal 138; At 13,22-26; Lc 1,57-66.80

 

La solennità della Natività di san Giovanni Battista è situata sei mesi prima del Natale (in omaggio al testo di Lc 1,36) e tre mesi dopo l’Annunciazione. Già nel secolo III, fondandosi sul simbolismo del Cristo-sole, nella riflessione sulla storia della salvezza fu dedicata particolare attenzione ai solstizi; così si arrivò all’opinione che il Battista fosse concepito all’equinozio di autunno e nato al solstizio di estate, poiché nel solstizio di estate la lunghezza dei giorni incomincia a diminuire, mentre riprende ad aumentare dopo quello di inverno, in cui celebriamo la nascita di Gesù. La tradizione dei Padri vede in questo una conferma alle parole del Battista: “Egli deve crescere e io invece diminuire” (Gv 3,30). Al momento dovuto, Giovanni Battista scomparirà dalla scena per far posto a Cristo.

 

Le letture bibliche e le preghiere della liturgia odierna sottolineano il ruolo di Giovanni come “Precursore”, come colui che “prepara”, “annuncia”, “indica”, “rende testimonianza alla luce” che è Cristo Signore. Egli, come dice sant’Agostino, “sembra sia posto come un confine fra due Testamenti, l’Antico e il Nuovo” (Discorso proposto dall’Ufficio delle letture). Giovanni Battista è l’ultimo profeta di Israele e il primo del nuovo Israele.

 

La prima lettura riporta un brano del secondo canto del “Servo del Signore”, misteriosa figura messianica che viene presentata come un profeta, oggetto di una predestinazione divina; la sua missione è estesa non solo a Israele, ma anche alle nazioni per illuminarle con la luce della salvezza. Il brano di Isaia è riferito anzitutto a Cristo. Ma anche di Giovanni si può dire: “il Signore dal seno materno mi ha chiamato”. Anche il Precursore è stato chiamato ad essere “testimone della luce”: “Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce” (Gv 1,8). Sulla stessa linea, nel brano evangelico, san Luca, nel narrare la nascita di Giovanni, stabilisce un certo parallelismo con quella di Cristo, ma al tempo stesso fa emergere la totale finalizzazione del Precursore al Salvatore. La frase finale: “E davvero la mano del Signore era con lui” (v. 66) e l’aggiunta del v. 80 sulla crescita mirabile del bambino evocano le stesse circostanze e realtà che si ripeteranno in modo pieno in Cristo Gesù. Giovanni ci si presenta come vera icona di Cristo.

 

La seconda lettura riporta un brano del discorso tenuto da Paolo ad Antiochia. L’Apostolo sottolinea il ruolo di Precursore del Messia che Giovanni ha saputo interpretare con fedeltà: “Io non sono quello che voi pensate! Ma ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di slacciare i sandali”. Giovanni ha avuto l’umiltà e la saggezza di sentirsi solo strumento in ordine a Cristo. Non ha preteso di attirare su di sé gli sguardi degli uomini, ma si è preoccupato unicamente di orientarli verso il Cristo. Ognuno di noi nella storia ha un suo ruolo da compiere, una sua missione da espletare. Ruolo e missione che non devono essere fraintesi o indebitamente esaltati.

 

Come ci ricorda il prefazio della messa, Giovanni non solo è stato eletto e consacrato “a preparare la via a Cristo Signore”, ma anche ha indicato al mondo “l’Agnello del nostro riscatto”. L’orazione dopo la comunione riprende lo stesso tema quando afferma che la Chiesa, “nutrita alla cena dell’Agnello”, è invitata a riconoscere “l’autore della sua rinascita, Cristo, che la parola del Precursore annunziò presente in mezzo agli uomini”.