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domenica 11 ottobre 2020

SVILUPPO ORGANICO?

 



La Costituzione Sacrosanctum Concilium, nel dettare le norme generali per la riforma della liturgia, determina tra l’altro nel n. 23 che “le nuove forme in qualche modo scaturiscano organicamente da quelle già esistenti”. Lo studioso però si imbatte non di rado in processi storici in cui questo criterio non è stato osservato. Ecco un esempio: La prassi rituale della comunione eucaristica ha conosciuto nel corso della storia importanti cambiamenti in dipendenza da diverse visioni teologiche dell’Eucaristia, a loro volta condizionate dalla stessa prassi liturgica.

 

Dalla partecipazione generalizzata alla comunione eucaristica nell’età antica, fino al IV secolo, si passa progressivamente a una diserzione diffusa nell’età medievale. In Gallia all’inizio del secolo VI il Sinodo di Agde (506) prescrive la comunione almeno tre volte l’anno, cioè a Natale, Pasqua e Pentecoste. Sei secoli dopo, nel 1215 il Concilio Lateranense IV prescrive la comunione annuale almeno a Pasqua. Queste norme sono sintomo di una rarefazione sempre più diffusa della comunione sacramentale. Nel secolo XII, per via delle controversie eucaristiche si pone una particolare enfasi sulla presenza reale di Cristo nelle specie consacrate e nei fedeli si sviluppa il desiderio cosiddetto di “vedere l’ostia”. Parallelamente cresce la pratica del culto eucaristico fuori della messa: esposizione del pane consacrato, processioni… Possiamo affermare che aumenta la devozione eucaristica ma non la comunione sacramentale. Praticamente questa situazione si protrae fino al secolo XX.

 

Dalla comunione al pane e al calice si giunge a ricevere la sola “specie” del pane, che comincia a prevalere alla fine del sec. XII, per motivi pratici e di rispetto. Nel secolo XIII san Tommaso d’Aquino offre una base dottrinale a questo uso con la dottrina della concomitanza (Summa Theologica III, q. 76, a. 2). Le critiche degli Orientali alla comunione sotto la sola specie del pane, considerata contraria al Vangelo (cf. Gv 6,53) e alla tradizione ecclesiastica, provoca l’intervento nel 1415 del Concilio di Costanza che proibìsce ai sacerdoti, sotto pena di scomunica, di dare ai fedeli la comunione sotto le due specie. Ancora all’inizio del XX secolo, il Diritto Canonico del 1917 nel can. 852 si esprime tassativamente in questi termini: “Sanctissima Eucharistia sub sola specie panis praebeatur”.    

 

Dall’unico pane spezzato si passa dal sec. IX/X in poi alle singole ostie già divise in particole e l’importante rito della frazione diventa irrilevante. Nella stessa epoca, dalla comunione nel corso della celebrazione eucaristica si arriva alla comunione immediatamente prima o dopo la messa e, in seguito, al di fuori della messa come atto rituale autonomo.


Un percorso storico tutt’altro che lineare e organico.