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venerdì 14 ottobre 2022

DOMENICA XXIX DEL TEMPO ORDINARIO ( C ) – 16 Ottobre 2022

  


 

Es 17,8-13°; Sal 120; 2Tm 3,14-4,2; Lc 18,1-8.

 

“Il mio aiuto viene dal Signore”. Così abbiamo risposto alle singole strofe del salmo responsoriale. Riprendendo le stesse parole, esprimiamo la nostra fede nella presenza del Signore alla sua Chiesa e, in essa, a ciascuno di noi. E’ una presenza vigile e premurosa, nella quale troviamo sempre aiuto e sicurezza. Il Signore copre con la sua vigilante protezione tutto il percorso della nostra vita, dall’uscita dal grembo materno fino all’ingresso nel grembo della terra.  

 

Anche il canto d’ingresso, preso pure esso da un salmo di fiducia, esprime le idee di fondo del salmo responsoriale e ne trae ispirazione per rivolgersi a Dio con una toccante preghiera: “Io t’invoco, o Dio, poiché tu mi rispondi; tendi a me l’orecchio, ascolta le mie parole. Custodiscimi come la pupilla degli occhi, all’ombra delle tue ali nascondimi” (Sal 16,6.8). Il brano evangelico illustra come Dio sia buono e giusto e venga in aiuto a chi lo prega con fede e con perseveranza. L’accostamento col vangelo invita a vedere nel gesto di Mosè con le mani alzate, di cui parla la prima lettura, un gesto di preghiera insistente ed efficace. Questa è poi l’interpretazione che fa del testo l’antifona al Magnificat dei Primi Vespri: “Le mani di Mosè rimasero alzate in preghiera fino al tramonto del sole”. La lettura apostolica esalta il ruolo della parola di Dio nella vita cristiana. In fine, il canto al vangelo esalta l’efficacia della parola di Dio: “La parola di Dio è viva ed efficace, discerne i sentimenti e i pensieri del cuore” (cf. Eb 4,12).

 

La liturgia odierna ci invita a riflettere sull’efficacia della preghiera, in particolare di quella di supplica. Non si tratta di una efficacia meccanica, quasi che il pregare fosse un’attività magica. La preghiera è anzitutto un’esperienza profonda di fede e di fiducia in Dio. Quando Gesù ci esorta a “pregare sempre, senza stancarsi”, a “gridare” e “importunare” non intende indurci a pregare per ottenere favori casuali. Egli ci spinge a pregare perché il regno di Dio si compia, come ci ricorda il Padrenostro: “Venga il tuo regno” (Mt 6,33). Tutte le suppliche, anche quelle dirette alla propria salvezza personale, mirano in ultimo termine alla venuta del regno di Dio, nel quale la nostra individualità è inserita senza nel contempo scomparire, e il cui arrivo porta con sé il nostro essere salvati. E’ necessario però ricordare che il compimento del regno di Dio si attua attraverso il cammino della croce che conduce alla pasqua. La prima lettura ci insegna che preghiera e impegno debbono andare insieme: la preghiera dà all’impegno il suo riferimento essenziale a Dio, e l’impegno dà alla preghiera la sua serietà e coerenza. La preghiera non sostituisce lo sforzo quotidiano nel servire Dio con lealtà.

 

L’eucaristia nutre la nostra speranza, perché la Chiesa celebra l’eucaristia “finché egli venga” (1Cor 11,26). La presenza di Cristo nell’eucaristia è dinamica e ci pone nell’attesa del suo ritorno: “Vieni, Signore Gesù” (Ap 22,20). Partecipando all’eucaristia viviamo già, anticipatamente e in speranza, la realtà piena di una salvezza che ora è offerta sotto il velo dei segni sacramentali e con i limiti di tutte le cose umane.