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venerdì 17 agosto 2018

DOMENICA XX DEL TEMPO ORDINARIO ( B ) – 19 Agosto 2018






Prov 9,1-6; Sal 33 (34); Ef 5,15-20; Gv 6,51-58



Il tema centrale d’oggi è l’eucaristia, che in questa domenica viene proposta come comunione. Le letture bibliche ci aiutano quindi ad approfondire il significato del comunicarsi.



Con un’immagine poetica la prima lettura presenta la sapienza di Dio come una persona che prepara un sontuoso convito di festa per tutti gli uomini disposti ad abbandonare ogni stoltezza. L’immagine del banchetto per esprimere la relazione vitale del popolo eletto con Dio attraversa tutta la Bibbia e acquista il suo pieno significato alla luce del banchetto eucaristico che raduna tutti coloro che amano Dio e la sua giustizia.



Nel brano evangelico ritroviamo la tematica del “pane vivo, disceso dal cielo”, presente già domenica scorsa e oggi riproposta nel suo pieno senso eucaristico. Le parole di Gesù fanno reagire i giudei che si mettono a discutere tra di loro dicendo: “come può costui darci la sua carne da mangiare?”. Gesù però non risponde più, ma insiste sul fatto che per avere la vita bisogna mangiare la sua carne e bere il suo sangue. Al tempo stesso però egli spiega che il rapporto di comunione vitale tra lui e quanti mangiano la sua carne è del medesimo tipo di quello che lega reciprocamente lui e il Padre: “come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me”. Quindi, partecipare sacramentalmente all’eucaristia vuol dire mettersi in condizione di riprodurre tra noi e Cristo lo stesso tipo di rapporti che caratterizza la sua unione col Padre. In questo contesto, possiamo capire meglio l’affermazione di Gesù: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna”. Non si tratta di una vita qualsiasi, ma della vita eterna, che nel vocabolario di san Giovanni indica una realtà che appartiene al mondo di Dio e che, tuttavia, viene data anche a noi. Si tratta di una vita che può dirsi divina non solo perché viene da Dio come un dono, ma perché è una partecipazione alla sua stesa vita. Noi, in altri termini, siamo introdotti nel dialogo di conoscenza e di amore che unisce il Padre e il Figlio e che costituisce la vita della Trinità. E non è solo una realtà futura (“lo risusciterò nell’ultimo giorno”), ma una realtà già presente, sia pure allo stato germinale: “rimane in me e io in lui”. Rimanere o dimorare con Dio è già possibile ora se ci apriamo alla Parola di Cristo e ci sediamo con lui alla mensa eucaristica. La futura vita eterna altro non sarà se non la comunione totale nell’incontro definitivo con Dio, di cui la comunione eucaristica è anticipazione e garanzia.



La comunione non è una specie di distributore automatico di “vita eterna”. Non basta comunicarsi materialmente. La comunione eucaristica è un gesto di fede; è vita nella misura in cui si è disponibili a lasciarsi trasformare dalla vita stessa di Cristo. Dire che Cristo è il nostro cibo significa fare di lui il fondamento della nostra vita. La seconda lettura, riprendendo il linguaggio della prima, illustra come conservare la vita nuova che ci viene donata nella partecipazione all’eucaristia: “comportandovi non da stolti, ma da saggi”.